Anche alla persona più empatica, sarà capitato di perdere la pazienza e sentire quel bisogno irrefrenabile, di mandare qualcuno a quel paese?

Siamo esseri umani e nessuno è perfetto, altrimenti saremmo dei robot.

All’interno delle organizzazioni è normale assistere a diverbi accesi, tra capo e collaboratore, tra colleghi, con i clienti, fornitori; capita anche quando non vorremmo che accadesse.

Questo perché entrano in gioco delle leve emozionali nascoste, sopite, represse, che una volta sollecitate, scattano in maniera automatica.

Alcuni riescono a gestire questi momenti, mentre altri restano incatenati al loro “copione”, andando ad alimentare un conflitto che deteriora il rapporto umano e l’efficacia dell’organizzazione stessa.

Non basta saper comunicare in maniera efficace, per imparare ad accettare l’opinione altrui e far accettare la propria.

Bisogna prendere in considerazione tutti agli aspetti legati all’organizzazione come “sistema” e c’è bisogno di andare a fondo, sullo stato emozionale, sul nostro “essere”, ancor prima del “fare”, perché è proprio lì che l’escalation del conflitto s’insinua in maniera aggressiva, andando a colpire la persona e non il comportamento o l’azione.

Ogni “modello di comportamento” è composto da pensieri ed emozioni, che “apparentemente” si presentano come risposta ad un determinato stimolo.

Nelle relazioni accade la stessa cosa, soltanto che in quella risposta “automatica”, sono raccolti una serie di pensieri ed emozioni, che generano un comportamento. (una risposta verbale, un atteggiamento del nostro corpo, una alterazione del nostro stato emotivo)

Quanto questa risposta è realmente automatica e pertanto di difficile gestione o quanto invece è indotta, dal nostro cervello, dal corpo, dai sensi e pertanto “più semplice” da gestire?

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Il conflitto nei gruppi di lavoro

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