Riprendendo dal precedente articolo, evidenziamo gli effetti fisici legati all’abuso della tecnologia. i disturbi fisici, più frequenti sono:
Il fastidioso text Nek o iHunch, letteralmente significa igobba, identificato dal fisioterapista neozelandese Steve August, è una condizione del rachide cervicale derivante dallo stress ripetuto della frequente flessione della testa in avanti e verso il basso, allo scopo di guardare il proprio dispositivo mobile.
nell’era pre digitale, l’artrite del pollice, (malattia infiammatoria) interessava principalmente i lavoratori obbligati a operazioni manuali ripetitive, ma da diversi anni colpisce persino gli adolescenti, soprattutto quelli che da bambini hanno usato regolarmente il pollice perennemente posizionato su smartphone e tablet. in questa declinazione è una disfunzione conosciuta come artrite da messaggio.
con le posture errate tipiche dell’uso di dispositivi digitali c’è un alto rischio di soffrire di epicondilite (il gomito del tennista), che si manifesta con un dolore persistente dovuto all’uso combinato di mano, polso e gomito, a causa di una prolungata flessione del gomito per sostenere smartphone e tablet. Potremmo soffrire della sindrome del canale cubitale, ormai definita gomito da cellulare (cellphone Elbow) i cui sintomi sono formicolii all’anulare e al mignolo associati alla debolezza del braccio.
Un secondo per 518.000 risultati. Questo vuol dire che parliamo di un argomento che sta sempre più attirando l’attenzione, e sempre maggiori sono gli studi e le ricerche da parte degli esperti del settore.
“Demenza digitale”, coniata in Corea del Sud e ripresa da Manfred Spitzer, si riferisce al deterioramento dei processi cognitivi dovuti all’abuso di tecnologie, in cui si possono riscontrare sintomi comunemente presenti in individui che hanno subito un trauma cranico o affetti da malattie psichiatriche. Sintomi irreparabili che possono portare ad una demenza precoce ma anche ad uno sottosviluppo emotivo per un iperinvestimento dell’emisfero sinistro.
Oggi la comprensione dei meccanismi di apprendimento, memoria, attenzione e sviluppo ci offre una visione più chiara, oltre che delle potenzialità, anche dei potenziali pericoli dei media digitali.
I processi e i meccanismi che condizionano abilità cognitive come l’attenzione, l’evoluzione del linguaggio o dell’intelligenza sono numerosi e diversificati.
Se ci fate caso oggi i numeri di telefono di amici, parenti e conoscenti sono salvati nel cellulare e a parte rare eccezioni, facciamo fatica a ricordarli, anzi, spesso non ci sforziamo proprio, tanto sappiamo che sono li. Ho girato l’Italia, “litigando” con mappe, tutto città e stradari mentre oggi il navigatore satellitare ci indica il tragitto per raggiungere un determinato luogo senza troppa fatica. ( l’uso ricorrente dei navigatori potrebbe inibire il funzionamento dei cosiddetti “neuroni GPS” , per la cui scoperta è stato assegnato un premio Nobel per la medicina)
Gli impegni professionali e non, sono inseriti nel cellulare o in un’agenda digitale. Chi cerca informazioni va su Google; foto, lettere, e-mail, libri e musica sono nella “nuvola” (cloud).
Pensare, memorizzare, riflettere non costituiscono più la norma.
Il concetto di demenza, in questo caso non è collegabile esclusivamente ad una mancanza di memoria, il problema infatti riguarda soprattutto il rendimento mentale, il pensiero, la capacità critica di orientarsi attraverso una quantità di informazioni che non siamo più in grado di gestire autonomamente.
Diversi ricercatori, temono che l’uso non controllato dei dispositivi digitali stia andando a modificare quelli che sono determinati meccanismi neurofisiologici, portandoci, nel tempo, a limitare, o addirittura ad atrofizzare, alcune funzioni cardinali, tra cui l’attenzione, la memoria, l’immaginazione , il pensiero è il senso dell’orientamento. Read more
“io lo so che non sono solo anche quando sono solo”
Contrariamente a quanto afferma Jovanotti, capita spesso di sentirsi soli anche quando ci si trova in mezzo a tanta gente, e questo ancor di più quando si tratta della figura del leader, di un manager, un imprenditore o un gestore di risorse in senso più ampio.
Il comandante è sempre l’ultimo ad abbandonare la nave; quante volte abbiamo sentito questa frase.
Ma siamo certi che sia proprio così o il costrutto legato alla solitudine nei numeri primi, condiziona ogni nostro ragionamento?
La parola leadership è la crasi delle parole capo (leader) e nave (ship), il che inevitabilmente ci riporta ancora alla metafora del comandante di una nave, ed il relativo collegamento al mio libro “una nave chiamata azienda”, è una paura casualità, forse.
C’è chi ritiene che la solitudine sia un prezzo da pagare quando si ricoprono posizioni di potere, dove la responsabilità e la prese di decisioni sono all’ordine del giorno.
In un periodo in continuo mutamento, il leader deve essere sempre più un “portatore sano” di cambiamento, uno “strumento” privilegiato per arricchire la vita delle persone, ed è questo il vero cambio di paradigma sul quale dovremmo concentrarci.
La pandemia ha visto cambiare il panorama economico mondiale, in maniera repentina ed incontrollabile, a causa di una accelerazione tecnologica che senza il Covid-19 avrebbe impiegato tra i 7 e i 10 anni. Read more
I ritmi di lavoro, l’avanzare delle nuove tecnologie, i continui mutamenti, anche legati alla pandemia, stanno mettendo a dura prova interi organici all’interno delle organizzazioni.
Mai come in questo momento storico, guardando all’interno delle aziende italiane, possiamo notare gruppi di lavoratori eterogeni, oltre che dal punto di vista anagrafico, per quanto concerne valori, visioni, skill, modi differenti di affrontare la vita ed un differente approccio allo sviluppo tecnologico.
Ben quattro generazioni a confronto: baby boomer, generazione X, generazione Y e generazione Z.
La permanenza dei lavoratori più anziani e l’allungamento dell’età pensionabile hanno portato a un forte gap generazionale sul lavoro e questo si traduce spesso in difficoltà di collaborazione, scontri e pregiudizi: i senior accusano i giovani di non avere sufficiente esperienza e volontà, viceversa, i giovani accusano i senior di essere troppo vecchi per conoscere le nuove tecnologie e mercati.
Tutto questo compromette la produttività.
Non possiamo permetterci di trascurare certi aspetti, non più. Read more
Anche alla persona più empatica, sarà capitato di perdere la pazienza e sentire quel bisogno irrefrenabile, di mandare qualcuno a quel paese?
Siamo esseri umani e nessuno è perfetto, altrimenti saremmo dei robot.
All’interno delle organizzazioni è normale assistere a diverbi accesi, tra capo e collaboratore, tra colleghi, con i clienti, fornitori; capita anche quando non vorremmo che accadesse.
Questo perché entrano in gioco delle leve emozionali nascoste, sopite, represse, che una volta sollecitate, scattano in maniera automatica.
Alcuni riescono a gestire questi momenti, mentre altri restano incatenati al loro “copione”, andando ad alimentare un conflitto che deteriora il rapporto umano e l’efficacia dell’organizzazione stessa.
Non basta saper comunicare in maniera efficace, per imparare ad accettare l’opinione altrui e far accettare la propria.
Bisogna prendere in considerazione tutti agli aspetti legati all’organizzazione come “sistema” e c’è bisogno di andare a fondo, sullo stato emozionale, sul nostro “essere”, ancor prima del “fare”, perché è proprio lì che l’escalation del conflitto s’insinua in maniera aggressiva, andando a colpire la persona e non il comportamento o l’azione.
Ogni “modello di comportamento” è composto da pensieri ed emozioni, che “apparentemente” si presentano come risposta ad un determinato stimolo.
Nelle relazioni accade la stessa cosa, soltanto che in quella risposta “automatica”, sono raccolti una serie di pensieri ed emozioni, che generano un comportamento. (una risposta verbale, un atteggiamento del nostro corpo, una alterazione del nostro stato emotivo)
Quanto questa risposta è realmente automatica e pertanto di difficile gestione o quanto invece è indotta, dal nostro cervello, dal corpo, dai sensi e pertanto “più semplice” da gestire?
Figura mitologica, un mix tra il Rag. Fantozzi ed il Mago Otelma, il commercialista è quel professionista al quale viene affidata la gestione della nostra dichiarazione dei redditi, ed in alcuni casi, vengono richiesti pindarici giochi di prestigio.
Con l’avvicinarsi della fine dell’anno tutti noi diventiamo commercialisti della nostra “IO S.p.A.”, solo che a differenza del “tradizionale” consulente che elabora costi e ricavi, a noi nessuno ha insegnato come valutare e pianificare la nostra vita, in maniera oggettiva, così come è possibile fare con i numeri.
Tempo di bilanci, dei buoni propositi spesso messi da parte a fronte delle vicissitudini e pressioni.
Gli ultimi anni per molti di noi sono stati un banco di prova molto impegnativo, sia dal punto di vista professionale, quanto personale.
Per qualcuno la pandemia è stata l’occasione per amplificare l’innata attitudine alla “lamentela”, mentre per altri l’opportunità per rimettersi in gioco, davanti a cambiamenti forzati delle abitudini e alla riscoperta di valori dimenticati.
Il rischio di scrivere l’ennesimo articolo che parla di obiettivi, di cose vecchie da abbandonare e nuove da portare avanti per il nuovo anno, è altissimo. Basta andare in rete e troviamo una infinità di articoli copia e incolla che ripetono le stesse cose, in tutte le “salse”.
In questo articolo, vorrei affrontare un argomento in particolare e come mia abitudine, stimolare la riflessione su un aspetto che ritengo fondamentale per tutti noi; in questo caso la felicità.
Niente è più semplice ed allo stesso tempo estremamente complicato. Read more
Prendi un dipendente, trattalo male, lascia che ti aspetti per ore, allora si vedrai che ti rispetterà!
Ammettilo, probabilmente avrai letto queste parole canticchiando.
No, non è il “teorema di Ferradini” applicato al mondo del business, ma purtroppo, uno dei tanti luoghi comuni che allignano tra le pareti stanche di alcune aziende italiane.
La teoria secondo la quale il datore di lavoro non può permettersi di essere gentile ed empatico con i propri collaboratori, altrimenti se ne approfittano.
Il “vero imprenditore” deve avere il pelo sullo stomaco!
Basta con questi stereotipi, vecchi e lontani, come i tempi dei galeoni e degli schiavi rematori.
L’imposizione gerarchica spesso porta ad un conflitto distruttivo, minando il lavoro di squadra, limitando la comunicazione efficace.
I leader non diventano grandi grazie al potere, ma usano la loro posizione, le loro relazioni, la loro produttività, per investire nei collaboratori e svilupparli finché possano diventare leader a loro volta.
La pandemia oltre ad aver generato una incredibile accelerazione tecnologica, ha amplificato l’importanza dei valori e delle relazioni umane. Questo ha avuto le sue ripercussioni positive anche in ambito aziendale, dove le aziende stanno riscoprendo l’importanza della valorizzazione delle risorse umane. Read more
Sheep marketing ! Siamo tutti un branco di pecore, o come direbbe Sgarbi, delle capre.
Eppure, contrariamente a quanto si pensa, le pecore sono esseri intelligenti e molto sensibili, oltre che ottime osservatrici; reagiscono positivamente agli umani che sorridono e riconoscono le espressioni tristi.
Quindi probabilmente le vere pecore siamo noi, che abbiamo perso il raziocinio che spesso contraddistingue l’essere umano dal mondo animale.
Perciò chiedo ufficialmente scusa a questi splendidi esseri viventi, che utilizzerò come stereotipo o meglio ancora come metafora, per andare ad approfondire l’argomento di questo articolo.
Perché scegliamo un ristorante dove dobbiamo aspettare per ore, in piedi, magari al freddo o sotto il sole, prima di trovare un tavolo, rispetto all’altro di fianco semi deserto?
Bhè se è vuoto ci sarà un motivo, direte voi. Salvo poi un giorno, per caso, trovarci costretti a consumare li un pasto, e renderci conto che il cibo è di qualità superiore, il personale è più gentile, e si spende anche meno.
E allora perché questo è vuoto e l’altro è sempre pieno?
“Avere un prodotto di qualità non basta se le persone non lo sanno e se non siamo in grado di comunicarlo nel modo giusto”.
Oggi siete testimoni della nascita di un nuovo termine, lo sheep marketing. Read more
Il prodotto non conta, chi sa vendere, sa vendere. Un bravo venditore è in grado di vendere il ghiaccio agli eschimesi.
Quante frasi e luoghi comuni si trovano sul ruolo del venditore.
Negli ultimi anni il mondo è cambiato e con esso le modalità di acquisizione e gestione dei clienti.
Dal venditore abile “manipolatore”, oggi siamo passati al commerciale tecnico emozionale.
Conoscenza del mercato, del prodotto, della concorrenza e soprattutto, capacità di entrare in sintonia con il cliente e fornire quel valore aggiunto che sino ad oggi troppo spesso viene meno.
Un mantra degli anni 80 affermava che “chi domanda comanda”, oggi posso affermare in base all’esperienza di oltre 20 anni sul campo, che chi domanda comprende, e chi comprende vende.
Ma per tornare alla domanda: quanto conta avere alle spalle un’azienda solida ed un prodotto vincente?
Nel medio lungo termine è fondamentale, per chi vuole diventare un punto di riferimento per la propria clientela ed essere riconosciuto dal mercato come un professionista.
Quando ho iniziato a vendere all’inizio degli anni 90, ti davano un blocco di copia commissioni e via a macinare chilometri.
Molte aziende ancora oggi sperano di trovare un venditore in grado di “aprirgli il mercato” senza dare niente in cambio oltre la dovuta provvigione.
Un venditore oggi ha bisogno di altro. Di sapere che dietro c’è un’azienda in grado di supportarlo, di farlo crescere professionalmente, economicamente ed umanamente.
Per questo motivo quando si valuta un nuovo mandato gli aspetti da prendere in considerazione sono molteplici.
E il prodotto?
E’ sempre bello constatare che nascono nuove e giovani realtà, che con idee innovative e tanta energia, si apprestano a sfidare le insidie del mercato.
Oggi voglio parlarvi di XRIT® , una start up innovativa, con sede a Sassari (SS).
XRIT®, opera nel settore della IOT (Internet of things) e nei settori della Realtà Virtuale, della Realtà aumentata e della Realtà Estesa attraverso lo sviluppo di progetti in diversi campi di applicazione (e-sport, games, ingegneria e turismo) .
I sistemi sviluppati dalla società sono caratterizzati da unicità a livello mondiale, con diritti di proprietà intellettuale protetti, consentono la messa a disposizione di contenuti multimediali interattivi di altissima qualità in AR/VR/ MR di modelli 3D, audio, video e gamification.
Nello sviluppo dell’ area commerciale si ricercano varie figure:
– Distributori Nazionali ed internazionali, marchio XTOURS® – Rif. DN01
– Sales Account Regionali (Italia) – Rif.SA01
– Responsabile sviluppo commerciale Regione Sardegna – Rif.RS01
Ci si rivolge a professionisti possibilmente provenienti da settori: IT, Turismo, Vendita b3b.
Si offre:
– Marchio in esclusiva
– Zona in esclusiva
– Supporto marketing
– Piano provvigionale di sicuro interesse
– Premi ed incentivi
– Formazione costante
L’offerta economica sarà discussa in fase di colloquio, in base al profilo.
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